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MELANCOLIA

Sono riprese le attività del circolo fotografico ed è stata fissata la data del primo concorso interno dei soci. Mercoledì 3 Ottobre verremo chiamati a misurarci con il tema della “Malinconia” scelto dalla nostra socia Francesca Bolognini, nonché vincitrice dell’ultima sfida fotografica. Le giornate si sono accorciate, le temperature si sono abbassate, purtroppo abbiamo dovuto tirare fuori dall’armadio il giubbino di lana, il tema si addice perfettamente alla stagione autunnale.

Il dizionario definisce così la Malinconia: ma·lin·co·nì·a sostantivo femminile.

Stato d'animo di vaga tristezza, spesso alimentato dall'indugio rassegnato o addirittura compiaciuto, nell'ambito di sentimenti d'inquietudine o delusione.

Anticamente, per i Romantici la malinconia era l'umor nero, uno dei quattro umori generati dall'organismo umano, cui si attribuivano malefici e spesso fatali influssi sulle funzioni vitali.

Il tema della malinconia è stato ampiamente trattato in letteratura così come nelle Arti, nel cinema e nella musica.

Nell’iconografia classica la malinconia è stata spesso raffigurata come una donna, la figura di Arianna sedotta e abbandonata da Teseo che De Chirico amava dipingere in mezzo alle sue piazze metafisiche. E che dire delle atmosfere crepuscolari evocate nei dipinti di Caspar David Friedrich, o delle temperature siderali che caratterizzano i quadri di Edward Hopper, e in seguito le fotografie di Richard Tuschman, che si è ispirato al lavoro del famoso pittore americano, dove gli sguardi lunghi e persi nella disperazione dei protagonisti rivelano una profonda malinconia. Condizione umana dell’epoca moderna, il tempo liberato dagli affanni materiali e dalle cure contingenti, è uno spazio vuoto che si riempie di pensiero, Otium, come motore di meditazione. Roland Barthes scrive che la fotografia è melanconica, perché senza avvenire. Citando un passo del suo saggio “la Camera Chiara” egli scrive: “la caratteristica principale della fotografia è la sua «presenza» ontologica, e non la sua funzione di comunicazione semiotica. È questa qualità ontologica che conferisce alla fotografia il suo aspetto perturbante e la collega con il lutto, la malinconia e la morte. A proposito della fotografia di uno scolaretto di nome Ernest ritratto da Kertész, Barthes dice che «induce a far mente locale, a considerare la vita, la morte, l’inesorabile estinguersi delle generazioni», e anche a domandarsi che ne è stato di quel ragazzino (morto in guerra? finito nei lager nazisti?)”. Insomma eccoci qua alle prese con un tema profondo, complesso e interessante. Siete invitati a partecipare con le solite modalità, ricordate? da 1 a 5 scatti. Coloro che non potranno essere presenti potranno inviare le proprie immagini all'indirizzo di posta indicato sotto. Tutti possono partecipare alla votazione, anche coloro che non hanno fotografie da mostrare! Ci vediamo dalle ore 21 presso la sede del Circolo Fotografico "Il Palazzaccio".




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