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SPAZI, ARTE E FOTOGRAFIA

Lo scorso anno abbiamo dedicato una serata agli spazi per l’Arte, in particolare a quelle architetture che originariamente nascono come luoghi della produzione industriale o commerciale, che dopo aver esaurito la loro prima funzione, vedono una seconda chance grazie all’impiego di prestigiosi studi di architettura ai quali viene commissionato il compito di riadattamento, conservazione e trasformazione per contenere al loro interno le opere d’Arte del contemporaneo. Abbiamo visto come sempre più spesso i curatori artistici cercano di stabilire una relazione e un continuum tra questi spazi e le opere stesse e come la fotografia possa avere una funzione rivelatrice di queste connessioni. Uno spazio molto significativo in questo senso è la Fondazione Prada di Milano che il circolo fotografico Il Palazzaccio ha visitato di recente. Situato in Largo Isarco, nella zona sud di Milano, il complesso si sviluppa su una superficie totale di 19.000 mq. Il 18 Aprile del 2015 viene inaugurata una prima parte dell’area ma solo nell' Aprile del 2018 viene completata l’operazione con l’inaugurazione della Torre.

Progettata dallo studio di architettura OMA, guidato da Rem Koolhaas, espande il repertorio delle tipologie spaziali in cui l’arte può essere esposta e condivisa con il pubblico. Caratterizzata da un’articolata configurazione architettonica che combina edifici preesistenti e tre nuove costruzioni (Podium, Cinema e Torre), è il risultato della trasformazione di una distilleria risalente agli anni dieci del Novecento. Come sostiene Rem Koolhaas: “Il progetto della Fondazione Prada non è un’opera di conservazione e nemmeno l’ideazione di una nuova architettura. Queste due dimensioni coesistono, pur rimanendo distinte, e si confrontano reciprocamente in un processo di continua interazione, quasi fossero frammenti destinati a non formare mai un’immagine unica e definita, in cui un elemento prevale sugli altri. Vecchio e nuovo, orizzontale e verticale, ampio e stretto, bianco e nero, aperto e chiuso: questi contrasti stabiliscono la varietà di opposizioni che descrive la natura della nuova Fondazione. Introducendo numerose variabili spaziali, la complessità del progetto architettonico contribuisce allo sviluppo di una programmazione culturale aperta e in costante evoluzione, nella quale sia l’arte che l’architettura trarranno beneficio dalle loro reciproche sfide”. Ciò che attrae maggiormente l’attenzione, per via del contrasto cromatico che isola e stacca visivamente l’edificio da tutto il resto è La Haunted House (Casa degli spiriti). Senza modificare i volumi originali, il progetto architettonico ha preservato e rinforzato la struttura, la cui superficie esterna è stata rivestita di uno strato di foglia d’oro. Se le ampie finestre dell’edificio sottolineano il forte legame con il paesaggio urbano circostante e gli edifici adiacenti, la successione degli ambienti interni mantiene una dimensione spaziale intima in cui si svelano un’installazione permanente concepita da Robert Gober (1954) e due lavori di Louise Bourgeois (1911-2010). La Torre è un edificio alto 60 metri, è realizzato in cemento bianco strutturale a vista. Ciascuno dei nove piani della Torre offre una percezione inedita degli ambienti interni attraverso una specifica combinazione di tre parametri spaziali: pianta, altezza e orientazione. Metà dei livelli si sviluppa infatti su base trapezoidale, gli altri su pianta rettangolare. L’altezza dei soffitti, crescente dal basso all’alto, varia dai 2,7 metri del primo piano agli 8 metri dell’ultimo livello. Le facciate esterne sono caratterizzate da una successione di superfici di vetro e cemento, che attribuiscono così ai diversi piani un’esposizione alla luce sul lato nord, est o ovest, mentre l’ultima sala espositiva è dotata di luce zenitale. Il lato sud della Torre presenta una struttura diagonale dentro la quale si inserisce un ascensore panoramico. La Torre contiene al suo interno un esposizione permanente dal titolo Atlas, l’atlante dell’Arte, su progetto di Germano Celant.

Tra i servizi a disposizione per i visitatori l’ambiente più interessante è il Bar Luce Progettato dal regista Wes Anderson.

Il Bar Luce ricrea l’atmosfera di un tipico caffè della vecchia Milano. Pensato dal cineasta per essere ‘vissuto’, con molti posti comodi dove sedersi per conversare, leggere, mangiare, bere. Un ottimo set, ma anche un bellissimo posto per scrivere un film. Gli arredi, le sedute, i mobili di formica, il pavimento, i pannelli di legno impiallacciato che rivestono le pareti e la gamma cromatica ricordano la cultura popolare e l’estetica dell’Italia degli anni Cinquanta e Sessanta, a cui Anderson si è ispirato. Tra le altre fonti iconografiche vi sono in particolare due capolavori del Neorealismo italiano, entrambi ambientati a Milano: Miracolo a Milano (1951) di Vittorio De Sica e Rocco e i suoi fratelli (1960) di Luchino Visconti.

Gli spazi espositivi sono cambiati, l’Arte contemporanea da tempo ha abbandonato le stanze dei musei per invadere con prepotenza piazze, giardini o inserirsi dentro a strutture architettoniche capaci di contenerle. Il rapporto tra lo spazio espositivo e l’opera è di massima importanza la figura del Curatore Artistico in questo senso è determinante quanto tanto l’Artista in mostra. A volte l’opera esposta diventa più interessante e acquista maggiore valore in base a come e dove viene esposta.

Qual è la funzione della fotografia in questo caso? Quello di mostrare attraverso la scelta dell’inquadratura e la composizione come si inserisce il pezzo Artistico dentro caratteristiche e misure architettoniche. In fondo il fotografo mettendo insieme la fotografia lo spazio e le opere contenute in esso suggerisce un’interpretazione personale di ciò che ha voluto fare, non tanto l’artista, ma il curatore della mostra. Mercoledì 15 Maggio i soci del circolo sono invitati a portare una selezione di massimo 10 immagini scattate durante la recente visita alla Fondazione Prada, durante la serata avremo modo di valutare insieme se come fotografi siamo stati abili nel mostrare questa presunta continuità tra spazi arte e fotografia.



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